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Riflessioni ulteriori sul caso Pelicot

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La    famiglia  Pelicot, modello piccolo borghese , lui elettricista e lei impiegata , tre figli.

Una vita fatta di decoro, ordinata, prevedibile e che,  cresciuti i figli, la scelta di  trasferirsi   a Mazan in  Provenza, una cittadina di poco più cinquemila abitanti, tranquilla  dal clima mite. Ideale per una vecchiaia serena.

 

Il vaso di Pandora deflagra  per una mera casualità, il  buon Dominique viene sorpreso e fermato in un supermercato mentre cercava di  fotografare   sotto le gonne  delle clienti. La polizia scopre così le sue magagne,  turpi nefandezze. Per 10 anni lui, dopo aver  sedato la moglie con benzodiazepine mescolate al gelato di lampone che affettuosamente le  portava a letto la sera, la spogliava e la lasciava incosciente oggetto di stupro a uomini invitati tramite  un sito internet.

Lui sfogava le sue voglie perverse di voyeur  fotografando ogni incontro, un dossier di nefandezze tanto più oscene perché realizzate in un quadro casalingo, la stanza matrimoniale con la grande specchiera dell’armadio, gli uomini invitati a  lasciare l’auto lontano a casa e  spogliarsi in cucina senza  fare rumore per non  provocare sospetti nei  vicini. Una domesticità accurata e tanto più sinistra nei particolari.

 

Uomini di diversa estrazione sociale e di età , un campionario di individui a loro volta esemplari padri di famiglia, rispettabili cittadini. Quasi offesi e, con essi le mogli, per essere stati trascinati nello scandalo. E anche gli abitanti di Mazan  ritengono  ingiusta la fama negativa del  processo che si è riverberata sulla città.

Quell’ insieme di nuclei familiari più attenti alla rispettabilità che alla decenza. Sepolcri imbiancati, eppure  tanti  ovunque.

 

Noi stesse,  nell’ambito del nostro lavoro di portello, incontriamo esempi preoccupanti perché sembra essere il contesto culturale a produrli. Le  stesse vittime  di abusi e minacce, che potrebbero sfociare in un qualcosa di più  grave cui  suggeriamo di cercare almeno aiuto nei parenti o vicini,  rifiutano  perché “non è bello raccontare i  fatti propri”, ciascuna nel suo guscio.  Anche durante gli eventi pubblici dove  poter dire quali possono essere  gli indizi cui prestare attenzione per offrire protezione  a una amica, una collega, percepiamo una difficoltà a entrare nella dimensione empatica necessaria.

 

Le   cause della intolleranza nei confronti del “fuori” può aver avuto  origine dai  processi economici che si sono susseguiti nel tempo,   dal passaggio dalla grande famiglia patriarcale dedita all’agricoltura e artigianato, quando le nascite erano del  4,6 per coppia con conseguente distribuzione dei compiti al suo interno, alla contrazione della famiglia nucleare tipica dell’industrializzazione.

 

Nella prima, si intessevano ampie relazioni interpersonali, ovviamente ridotte nelle seconde con rapporti che da interpersonali si trasformano in sociali.

 

Di qui la difesa a oltranza , il rifiuto di  quanto potrebbe scalfire l’illusorio equilibrio interno…


 
 
 

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