top of page

Storia di una donna che ha resistito, resistito ed ancora resistito: si chiama Aya Ashour,

“Dopo un secondo ritardo nella mia partenza da Gaza, coordinata dal Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme, sono finalmente riuscita – al terzo tentativo – a lasciare la Striscia di Gaza. Il modo in cui è avvenuto, e le emozioni che mi ha portato, sono al di là di qualsiasi cosa io possa descrivere. Dopo un anno intero di sforzi instancabili da parte dell’Università per Stranieri di Siena per permettermi di partire dalla Striscia in modo che potessi continuare la mia formazione come ricercatore ospite – con il coordinamento del Ministero degli Affari Esteri italiano e del Consolato, appunto – posso annunciare di aver lasciato Gaza ieri alle quattro del mattino da Deir al Balah, passando per il valico di Kerem Shalom e poi per il Jordan Bridge. Mi trovo ad Amman mentre scrivo questo articolo, l’ennesimo chiesto da Giampiero Calapà per il Fatto. E mentre scrivo, sono seduta sotto una lampada, l’elettricità funziona qui, con l’aria fresca e cibo e bevande a portata di mano. Ma la mia famiglia, i miei cari e oltre due milioni di gazawi sono ancora lì, affamati, sfollati, senza casa, sotto le bombe e i razzi, alla mercé di Israele e del mondo.

La sera prima di partire, ho passato la giornata a guardare i volti della mia famiglia tra le lacrime. Piangevamo tutti, impotenti, e i nostri occhi parlavano una lingua muta: “Non voglio lasciare questa terra. Voglio restare con la mia famiglia. La mia famiglia vuole che io rimanga con loro”. Ma la verità è che non ci è concesso il lusso di poter scegliere. Il mio obiettivo, e quello della mia famiglia per me, è continuare a studiare, inseguire il mio sogno e rappresentare il mio Paese. L’ultima notte a Gaza ho cercato di dormire, ma non ci sono riuscita. Sono rimasta sdraiata per quattro ore e poi mi sono svegliata alle 2 del mattino, cercando il mio smartphone. Era ancora presto: l’orario di partenza era fissato alle 3,45. Ho iniziato a guardare i volti addormentati delle mie sorelle accanto a me: Noor, Jana e Rola. Mi è venuto da piangere, di nuovo, ma il mio cuore si è come bloccato in quel momento. Mia madre si è svegliata dopo di me. Abbiamo iniziato a prepararci e lei si è vestita per accompagnarmi, insieme a mia sorella Noor e ai miei fratelli Ahmad e Mohammad, al punto di incontro. Poi è arrivato il momento di dire addio a Rola, la mia sorellina di quattro anni. Mi è sembrato che la mia anima venisse estratta dal mio corpo. Come posso lasciare questa bambina, che mi sembrava più una figlia che una sorella? Poi ho salutato Jana, mio padre, che cercava di trattenere le lacrime, e mio fratello Moath. Mi sono avviata verso la porta, stringendo forte Rola per quella che temo possa essere l’ultima volta. Mi sono allontanata in lacrime, con mia madre che piangeva accanto a me.

Abbiamo camminato per due chilometri, a piedi, sotto il suono dei droni, circondati da cani randagi e dalla paura di essere seguiti da quelle bestie. Ogni momento era pieno di terrore: attraversare posti di blocco, soldati e l’ignoto. Quando abbiamo raggiunto il punto d’incontro, il mondo ha cominciato a crollarmi intorno. Non riuscivo a respirare. Mi sono stretta a mia sorella Noor e a mia madre e abbiamo pianto insieme. Il momento della separazione, i minuti prima di salire sull’autobus, è stato insopportabile. Nulla può descrivere quella sensazione, se non affermare che il mio cuore, già spezzato, è morto di nuovo.

Ho viaggiato in autobus alle prime luci dell’alba, attraversando zone difficili e pericolose, dove la presenza militare israeliana è massiccia: Rafah e Khan Younis. Ho visto distruzione ovunque: carri armati, bulldozer e veicoli blindati. I droni volavano sopra di noi quando abbiamo raggiunto il valico di Kerem Shalom. Abbiamo attraversato diversi altri posti di blocco israeliani, poi siamo stati accolti dal personale del Consolato italiano che ci ha offerto cibo e acqua. Non ci è stato permesso di portare nulla da Gaza – né vestiti, né cibo, né acqua – solo i documenti, il passaporto, lo smartphone e un po’ di denaro.

ree

Da Kerem Shalom, abbiamo viaggiato in autobus fino al confine con la Giordania, passando per Be’er Sheva, il Mar Morto e infine attraversando il Jordan Bridge. È stato un viaggio di sei ore via terra. Sul lato giordano, siamo stati accolti calorosamente da una delegazione dell’Ambasciata italiana ad Amman, dove ho ottenuto il visto. Porto già con me il peso di tutto ciò che ho lasciato: la famiglia, ancora affamata e vulnerabile; gli amici; i ricordi; la mia vita; il mio passato; la città natale; la mia infanzia; la mia gente.

Sono partita senza nulla, ma sono sopravvissuta a un genocidio e a un inferno, e ora mi trovo in una situazione di sicurezza che non riesco a descrivere.

È come se avessi lasciato la mia anima alle spalle e avessi ricominciato, a 24 anni, pronta per l’Italia, alla ricerca di un futuro migliore. Un futuro in cui poter raccontare le nostre storie.

Un futuro in cui potrò condividere con voi la verità di un genocidio che ancora continua."

 
 
 

Commenti


Due giornalisti

Se ti trovi in una situazione di emergenza, hai subito violenza e hai bisogno di assistenza medica immediata, chiama subito il **112**.

 

Puoi anche contattare il **Numero Nazionale Antiviolenza e Stalking: 1522**.

 

Questo servizio è disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7,

e ti fornirà supporto psicologico e giuridico.

  • Facebook

Contatti

segreteria@casadonneivrea.it

I nostri servizi e supporto sono solo su appuntamento.

IVREA

PIAZZA PIERO MASCAGNI 11 

MEETING POINT

10015 Ivrea (TO)

CUORGNE'

PIAZZA MORGANDO 8

10082 CUORGNE' (TO)

SALASSA

PIAZZA UMBERTO 15

10080 SALASSA (TO)

TELEFONO CELLULARE
bottom of page